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Gli Infedeli - Recensione

03/05/2012 | Recensioni | |
Gli Infedeli - Recensione

Infedeli di tutto il mondo accorrete numerosi, si parla di voi! Ebbene si, si discute, si analizza e psicoanalizza una fenomenologia vecchia come il mondo, sul perché si tradisce e su come, quando e con chi. Per farlo sette registi si sono dati da fare nell'esplicare il proprio punto di vista attraverso un film ad episodi incentrato sul tema dell'infedeltà, e della fedeltà, con protagonisti, il divo del momento Jean Dujardin (fresco di Oscar per The Artist) e, l'amico Gilles Lellouche (entrambi insieme al cinema anche con Piccole bugie fra amici di Guillaume Canet, anche lui presente in uno sketch).
L'uomo si definisce, e spesso e volentieri si comporta, un animale, e in quanto tale, non può reprimere i suoi istinti, quello più evidente di tutti è il richiamo alla caccia, alla conquista, alla dominazione, insomma alla cornificazione. Così, facciamo la conoscenza di Greg e Fred, due amici che riflettono sul loro strano modo di vivere: il lunedì capaci di stare a casa con moglie e figli con tanto di DVD e il mercoledì sentire il richiamo di farsi tutta la Francia. Singolare? Niente affatto, perché il loro tradire non è mai per amore, come le donne, ma completamente istintivo, dettato dal bisogno fisico. Sette registi francesi (Emmanuelle Bercot, Fred Cavayé, Alexandre Courtès, Jean Dujardin, Gilles Lellouche, Michel Hazanavicius, Eric Lartigau), ci dicono la loro attraverso diversi episodi che hanno come tema centrale il tradimento, ma affrontato in diverse sfaccettature. C'è chi ha preferito farlo con un vero e proprio corto, chi ha preferito analizzare la questione con un rapido sketch narrativo fugace e diretto, tutti dissacrando e moralizzando il soggetto in questione, riuscendo a non cadere in facili sessismi e discriminazioni sessuali. L'uomo alle prese con la sua natura, il tradimento, la redenzione e la perdita continua di essa, diverte e fa riflettere allo stesso tempo. Una spiccata panoramica ironica ideata e sceneggiata da Dujardin e Lellouche stessi, che strizza l'occhio alle pellicole italiane degli anni'60, (dalla struttura e scelta narrativa episodica, dalla presentazione dei titoli di coda, l'affiatamento dei due protagonisti), quando anche noi sapevamo far ridere semplicemente basandoci su usi e costumi della nostra società, senza scadere in comicità volgare e banale, quando il grottesco, il farsesco e il realistico erano pane per i nostri registi e sceneggiatori. Non si può nascondere il periodo d'oro che sta attraversando il cinema francese, reduce dai generosi incassi ai botteghini, ma se questi sono i risultati di tale successo, bisogna ammettere che è assolutamente meritato. Un'umanità raccontata senza la pretesa di schieramenti, che deride ironicamente la debolezza umana, in tutte le sue personificazioni: dall'uomo manager, il marito fedele non per scelta ma per mancata occasione, lo sportivo, il bravo ragazzo, il latin lover con tanto di macchina rossa cabrio, fino all'appassionato di stranezze erotiche. Tirando le somme la pellicola non inventa nulla di nuovo, semmai, fa un buon uso di quello che si ha, enfatizzando e ironizzando le situazioni. Eppure, Fred e Greg alla fine di tutto una soluzione per non farsi beccare in flagrante l'avrebbero anche trovata.. basterebbe non tradire le proprie mogli…il condizionale rimane d'obbligo!

Sonia Serafini

 


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